esporsi online per esprimere la propria opinione

Vale la pena esporsi sui social?

Francesco RessaSocial media 2 Comments

La possibilità di dire la propria e farla conoscere agli altri, non ha mai avuto tanta possibilità di essere diffusa come oggi. Esporsi sui social è un’abitudine sempre più diffusa e dà modo a chiunque di esporre le proprie idee.

Peccato che gran parte di queste idee e opinioni farebbero meglio a restare nella testa di chi le espone. Oggi i social, da molti ancora considerati come tutto ciò che internet rappresenta, danno modo a chiunque di farsi conoscere e riconoscere. Molto spesso non in maniera edificante, ma senza che possano rendersene conto.

Le opinioni prima di internet

C’era un tempo ormai lontano, in cui la rete non esisteva è gli unici modi per esprimere i propri pensieri erano la voce e la carta. A poter usufruire di un pubblico vasto, erano solo personaggi famosi, giornalisti e politici che, tramite giornali e televisioni, potevano indirizzare e influenzare l’opinione pubblica.

Alle persone comuni, le opportunità erano sostanzialmente precluse e limitate agli ambiti sociali tradizionali: famiglia, amicizie e ambiente di lavoro.

Per chi volesse cercare di allargare la propria platea personale, le uniche scelte che potesse fare erano l’attivismo politico o l’ingresso in qualche associazione culturale.

Ciò che accadeva in sostanza era che le idee e le opinioni erano rivolte a un numero ristretto di persone. Poche orecchie ad ascoltare quello che si aveva da dire su qualsiasi argomento.

Anche oggi si usa definire le conversazioni scarsamente approfondite come chiacchiere da bar. Concetti espressi superficialmente che finivano spesso nel dimenticatoio o nei ricordi di poche persone.

Chi cercava di dar voce a pensieri e opinioni molto diverse da quelle tradizionali, non aveva praticamente modo di entrare in contatto con altre persone che la pensavano nella stessa maniera. Se l’opinione pubblica considerava qualcosa come inutile, strambo o socialmente non accettabile, non se ne parlava e basta.

Internet apre il mondo a tutti

Le connessioni remote, con il web e i primi sistemi di chat, rivelano un ambiente enorme e pressoché illimitato dove chiunque poteva dire liberamente la propria su qualsiasi argomento. Ma questa grande opportunità non era economica e necessitava di minime conoscenze informatiche che una persona non avvezza alle nuove tecnologie considerava ostica (sic!).

Dunque, questi paletti all’ingresso resero i primi anni di internet molto diversi da quelli che viviamo oggi.

Chi viveva questa possibilità come l’occasione per provocare gli altri e creare inutili discussioni, era spesso additato come troll. Ho già trattato l’argomento parlando di come gestire la maleducazione online.

Con l’arrivo dei social, avvenuto a tutti gli effetti nel 2008, la situazione è decisamente peggiorata. Il motivo? Un progressivo abbassamento del grado di scolarizzazione dei partecipanti. Internet, da isola privilegiata, è diventata un’enorme agorà a disposizione di tutti e purtroppo, anche di chi sino a prima non aveva possibilità di far conoscere a tutti le proprie idee, ma aveva una gran voglia di esprimerle.

Quello che è accaduto in questi anni è chiaramente percepibile leggendo qualche commento a notizie di vario genere: imbruttimento generale, ampia diffusione di teorie che sino a poco fa erano relegate giustamente all’oblio e uso degli strumenti digitali per veicolare i flussi di opinioni a proprio vantaggio.

Quest’ultimo aspetto non è di per sé negativo, ma lo diventa quando accade nell’inconsapevolezza di chi lo subisce. Giusto citare il caso mondiale di manipolazione delle opinioni realizzato in diverse occasioni  da Cambridge Analytica. La società di consulenza, oltre a utilizzare informazioni ottenute illegalmente, produceva contenuti in grado di influenzare i profili oggetto dei loro obiettivi.

Questo accade perché tantissima gente non possiede le capacità di analizzare un contenuto e sviluppare un pensiero personale e critico.

L’enorme quantità di informazioni disponibili non facilità lo sviluppo di questa abilità, divenuta fondamentale per orientarsi nell’infinito mare che è divenuto internet.

Uno dei claim di Facebook è quello di aiutare le persone a connettersi. Peccato che nessuno stia aiutando le persone a gestire le connessioni create.

Siamo in un’era dove la comunicazioni uno a uno e uno a molti non riguardano più solo aziende e personalità, ma chiunque. L’ignoranza e la presunta sensazione di conoscere ciò di cui si parla, rende complicato discutere e confrontarsi civilmente online.

L’odio, l’astio e la rabbia sono i sentimenti più comuni che si possono percepire navigando tra i commenti. Non uno spettacolo edificante.

La morte del confronto

E’ giunto il momento di approfondire il motivo di questo articolo. Siamo arrivati al punto in cui gran parte dei contenuti che trattano argomenti di interesse comune, come la politica, lo spettacolo e lo sport, siano totalmente alla mercé dei profili (intesi come tipologie di persone) più aggressivi, meno istruiti e meno propensi al confronto.

Non entro nel dibattito politico di queste settimane, ma è evidente che lo scontro avvenga tra opposte fazioni che non hanno alcun interesse a discutere nel merito. Qualsiasi contenuto viene riempito di commenti pieni di epiteti, frasi fatte, minacce e altro che ha ben poco di costruttivo.

Mi piace ricordare spesso la riflessione di Umberto Eco su internet e sull’aver dato voce a legioni imbecilli. Condivido tutto il suo pensiero in merito, perché dare a tutti un megafono non ci renderà persone migliori e danneggerà le nostre orecchie a furia di sentire urlare e sbraitare.

commenti pieni di odio e rabbia sui social

Quello che accade, è che il dibattito è sostanzialmente assente. Si crea solo rumore che finisce per svalutare lo stesso contenuto originale, nonché, almeno per quanto mi riguarda, sperare che un meteorite possa colpirci con buona precisione e la giusta potenza.

In tanti anni di esperienza, ho visto diversi modi di gestire queste situazioni, passando dalla continua moderazione sino alla totale chiusura dei commenti. In entrambi i casi si tratta di una sconfitta del libero dibattito, ma è comprensibile la necessità di impedire litigi e commenti fuori luogo, in qualche caso addirittura passibili di querela.

La paura di prendere posizione

Quando assistiamo a una rissa, solitamente vediamo che questa ha inizio tra due o più persone. Le altre persone che assistono assumono atteggiamenti diversi:

  • osservazione
  • coinvolgimento attivo per una delle parti
  • tentativo di sedare e mediare
  • fuga

Questa metafora rappresenta abbastanza fedelmente quanto accade in qualsiasi contenuto presente su internet. Due o più parti iniziano a rinfacciarsi cose, con altri che osservano passivamente, altri ancora che cercano di trovare un punto di equilibrio e altri ancora che vanno via, delusi e un po’ sdegnati.

Io spesso rientro in quest’ultima categoria.

Osservo con stupore il basso livello delle risposte, spesso direttamente proporzionale al grado di inciviltà, mancanza di rispetto e lacune grammaticali e culturali.

Il mio non è un tentativo di autoproclamarmi superiore, bensì di segnalare come il bassissimo livello dei contenuti correlati a un argomento, allontani chi vorrebbe contribuire con opinioni di qualità, ma che probabilmente verrebbero fagocitate, ignorate o pretestuosamente criticate.

Quante volte ho pensato di scrivere qualcosa o addirittura già battuto su schermo, per poi desistere e cancellare tutto. Questo è il risultato dell’imbarbarimento generale dovuto dall’accesso incontrollato ai social.

Lungi da me pensare di porre veti, ma è la dimostrazione di quanto l’ignoranza non conosca la vergogna e il senso del rispetto verso il pensiero altrui.

L’effetto Dunning-Kruger

Se non hai mai sentito parlare di questo fenomeno comportamentale, leggi con attenzione quanto segue, perché si rivelerà decisamente illuminante.

Partiamo da Shakespeare che diceva: “Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio”.

I due ricercatori hanno trovato conferme nei loro studi a questa affermazione. Solitamente le persone meno intelligenti tendono a sopravvalutare le proprie conoscenze, mentre le persone con il quoziente intellettivo più alto, sono maggiormente consapevoli di non poter conoscere tutto di un determinato argomento.

Questa capacità di autovalutazione è quasi del tutto assente nelle persone più stupide e/o ignoranti. Questo non vuol dire, però, che le persone mediamente più dotate ne siano immuni.

L’effetto Dunning-Kruger può riguardare tutti, perché tende a svilupparsi quando viviamo una situazione in cui ci riteniamo, a torto, esperti o in cui tutti le informazioni che recepiamo, si limitano a confermare ciò che pensiamo e sappiamo.

Lo strumento per scardinare questa immotivata saccenza è la consapevolezza. Tale è sia quando si tende a giudicare sé stessi in modo critico, sia quando si riesce a far capire all’interlocutore che il suo punto di vista potrebbe non essere l’unico valido.

Rimando a questo interessante video di Rudy Bandiera che spiega in modo comprensibile il funzionamento di questo diffuso comportamento sociale.

La speranza di un internet migliore?

Questa è una domanda mal posta. Internet rappresenta quella che è l’odierna società. Ha senso sperare in un internet migliore senza migliorare la società stessa?

Bisogna tornare a insegnare i valori della convivenza civile, il rispetto per il prossimo e per il diverso. A questi, va aggiunta una forte spinta a rendere le persone più responsabili nel formare le proprie idee e convinzioni, accompagnadosi a un vero senso di autocritica. Nulla è valido per sempre. Le persone più intelligenti sono anche quelle che cambiano idea più spesso.

Bisogna sempre essere aperti al confronto (certo, chi diffonde l’idea che la Terra sia piatta… 🤯).

Il mio consiglio è di non prestarsi al gioco di chi cerca lo scontro. Non ha senso discutere con persone che non vediamo in faccia e di cui non sappiamo nulla. Vincere una discussione non serve a niente, se non a creare astio tra i partecipanti.

Il futuro potrebbe cambiare le carte in tavola e metterci faccia a faccia con il nostro interlocutore virtuale. Il ritorno in grande stile dello sguardo e del linguaggio del corpo potrebbero cambiare nuovamente le regole del gioco, ma non ha senso parlarne ora. Al momento, come dice sempre mio padre, meglio contare sino a 10.

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Figlio di commerciante. Mi laureo in Scienze politiche e frequento un Master in finanza e controllo di gestione, ma ho sempre seguito con interesse tecnologia, informatica e marketing. Ho unito le passioni e le ho trasformate in lavoro. Portierecalcio.it è la mia creatura più importante. Ressa.it è la condivisione di quello che ho imparato e realizzato.

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